Pianificare la qualità

Partendo da una riflessione che sarà lo spunto per il nostro prossimo articolo, ci siamo chiesti: quanto il problema del consumo del suolo dipenda, dalla configurazione così frammentata e autonoma dei comuni? Le cementificazioni eccessive degli ultimi decenni, la perdita di suoli agricoli o il degrado del paesaggio, non potrebbero essere in qualche modo un effetto anche di questa configurazione così autonoma e indipendente ma eccessivamente frammentata nelle decisioni che interessano un bene prezioso e comune come il suolo del nostro Paese?1

Uno dei concetti che cerchiamo di divulgare con maggior enfasi è proprio la necessità di creare una rete tra i piccoli operatoli locali poiché siamo convinti che solo attraverso una conformazione più sistematica delle professionalità e delle competenze si possa superare questo momento di crisi economica. Anche le amministrazioni dovrebbero pertanto diventare più sistematiche e dialogare con quelle dei comuni circostanti; sembra infatti evidente come importanti decisioni prese localmente abbiano spesso lasciato profondi segni sul paesaggio e sull’ambiente.

Oltre a ribadire il concetto che una progettazione più sistematica ci permetterebbe di evitare il fenomeno di “sprawl urbano” o “città diffusa”  ossia la rapida e disordinata crescita di una città, volgiamo introdurre una nuova riflessione che svilupperemo in seguito: quale dovrebbe essere la strategia per una corretta e virtuosa progettazione urbanistica ecosostenibile?

 Molti urbanisti, sociologi, statisti e architetti sostengono che l’urbanistica “ecologica” debba occuparsi del territorio, valorizzandolo e evitando quindi lo spreco di risorse. Secondo il parere di molti esperti una città per evitare la “polverizzazione” dovrebbe essere progettata nel rispetto di tre regole:

  1. COMPATTEZZA: bisogna evitare il “consumo di suolo”, cercando dunque di evitare la continua urbanizzazione dispersa sui territori agricoli, ristrutturando l’esistente, riusando, riciclando, riqualificando…
  2. MIXITE’: bisogna progettare quartieri capaci di accogliere classi sociali e/o culture diverse, bisogna evitare città monofunzionali e bisogna mescolare le attività in uno stesso quartiere, in una stessa parte di città.
  3. CITTADINANZA: bisogna aspirare ad una città partecipativa incentivando la democrazia locale, la democrazia partecipativa coordinando le azioni frammentate e integrandole al fine di costruire dei progetti condivisi … concertazione e partecipazione.1,2,3,4

Mentre sul primo punto siamo profondamente d’accordo, vogliamo porre una riflessione sul punto 2. Siamo convinti che, proprio come la formazione di una rete e di una messa a sistema sia fondamentale per superare questo periodo di crisi economica, anche dal punto di vista funzionale servirebbe una riorganizzazione della città per evitare lo spreco di risorse e per ottimizzare le concessioni e le infrastrutture di supporto.

Vogliamo partire da un esempio: quando viene aperto un nuovo centro commerciale, soprattutto in città di piccole o modeste dimensioni, si genera uno spopolamento dei locali commerciali situati nel centro città in favore di una nuova apertura in un centro commerciale. Questo esempio vuole mettere in luce due ragionamenti:

  1. un centro commerciale può essere definito come un esempio di “messa a sistema” che, proprio perché concentra una funzione unica in un unico luogo, genera una prospettiva appetibile per i commercianti?
  2. siamo sicuri che vari luoghi della città organizzati con medesime funzioni possano attrarre tutte un flusso costante di mercato?

Proprio su questo ultimo punto apriamo un nuovo dibattito: come si osserva a Torino, i locali notturni sono situati in alcune zone precise della città mentre alcune piazze e alcuni quartieri sono pieni di genti, altri locali, piazze e quartieri limitrofi sono completamente vuoti perciò, potrebbe aver senso generare a Pinerolo una zona commerciale (per il giorno) ed una zona ricettiva (per la sera), a seconda delle caratteristiche dei luoghi?

Se ciò avvenisse, ad esempio, gli schiamazzi notturni sarebbero circoscritti in una singola area generando meno fastidi.

VOI COSA NE PENSATE?

 

  • Paolo PileriElena Granata (2012), Italia polverizzata. Il futuro di ambiente e agricoltura passa (anche) per l’unificazione dei Comuni, Agriregionieuropa anno 8 n°29, 76, Milano
  • Barattucci: “La restructuration soutenable des urbanisations dispersées” (testo di una lezione tenuta al Master en études avancées “Urbanisme durable – Eco-urbanisme, Projet urbain, Gouvernance”, Unil, Université de Lausanne, Faculté des géosciences et de l’environnement, febbraio 2008);
  • Barattucci, “Restructurer le territoire habité” (testo della comunicazione orale al Congresso Puca “Densifier les périphéries”, Rennes, giugno 2007).
  • Giachetta, A. Magliocco, “Progettazione sostenibile. Dalla pianificazione territoriale all’ecodesign”, Carocci, Roma, 2007.